Potrebbe sembrare che una sezione di ricette poco ci azzecchi con una associazione di volontariato. In realtà non è così. Sedersi a tavola in compagnia di amici e mangiare qualcosa di buono (col vino di Nonno Riccardo ovviamente) è una cosa che ha caratterizzato Arcobaleno nel corso degli anni.
Tante persone si sono alternate ai fornelli per preparare e cucinare tanti piatti, a volte venuti buonissimi, a volte buoni, a volte “quando hai fame mangeresti di tutto …”. Si è sempre cercato di fare del nostro meglio e questo è quello che conta.
Queste sono alcune delle tante ricette che abbiamo preparato, altre seguiranno, e molti avranno da dire sugli ingredienti usati e sui modi di preparazione: avete ragione ma non importa, così le abbiamo fatte, così le abbiamo mangiate e così vogliamo raccontarle.
Grazie di cuore a chi ha dato una mano dietro i fornelli, pelando e affettando, facendo la spesa o allestendo gli spazi e servendo ai tavoli. E grazie a tutte le persone che hanno apprezzato quello che abbiamo preparato.
Ho visto una sera in televisione un cuoco napoletano spiegare come faceva lui il sugo al pomodoro, per condirci poi degli spaghetti. Ci sono a cena un po' di volontari e decido di mettere in tavola una bella cofana di spaghetti con il sugo come lui lo ha fatto. Ricetta semplice, roba da tutti i giorni, ma con alcune piccole differenze ... Sarà diversa dalla solita pasta al pomodoro?
Questa è una ricetta veramente molto ma molto semplice. Si prende il telefono, si chiamma Nonno Riccardo e gli si chiede se può fare i cotechini. Fine.
Dopo la tarte al cioccolato e il pasticciotto leccese forse la mia preferita. Preparate una doppia dose di pasta frolla (400 gr di farina 00, 200 gr di burro, 200 gr di zucchero semolato, 2 tuorli e 2 uova intere, un pizzico di sale), avvolgetela nella pellicola trasparente e ponetela in frigorifero a riposare per un apio d’ore. Nel frattempo pelate e tagliate a pezzetti 4/5 mele (granny smith o renetta) e saltatele in padella con un poco di zucchero, del burro e della cannella in polvere. Ricoprite la teglia imburrata con la pasta frolla, bucherellate il fondo e cospargetelo di biscotti secchi sbriciolati (aiuteranno ad assorbire i succhi della mela), versateci le mele e ricoprite con un disco fatto con l’altra metà della pasta frolla. Sigillate bene, sforacchiate pure questo in modo che esca il vapore e l’umidità e cospargete di zucchero, che renderà croccante e friabile la superficie. Mettete in forno pre riscaldato a 190° per una cinquantina di minuti. Goduriosa!
Questa è una storia a parte. Vacanza 2013 a Piobbico ... Avevamo cucinato uno spezzatino misto manzo e maiale e c’erano stati parecchi scarti perché la carne non era delle migliori, diciamo così … Che fai, li butti tutti sti scarti? Ma manco per niente … Ripuliti e battuti al coltello si è deciso di destinarli ad un classico sugo di carne. Tagliuzzata la cipolla assieme a sedano e carote e sgranata la luganega eravamo pronti a mettere tutto nel pentolone. Una trentina le persone a tavola quella sera di fine giugno in vacanza nelle Marche. Nel frattempo che si taglia e sminuzza, decidiamo di farci uno spuntino con l’ultimo pezzo di Jabugo, un pata negra ‘cinco jotas’, praticamente il miglior prosciutto crudo che uno possa sperare di mangiare, e rimane li a guardarci quello che non avevamo osato ingollarci: un grosso, succulento e dolcissimo pezzo di grasso. Che si fa, si butta pure questo? Non se ne parla nemmeno … Si batte al coltello pure lui e lo si usa come base per il ragù. Sedano, carota e cipolle, unita la carne, la salsiccia, del vino bianco, i pelati, sale e pepe, tre ore dopo era pronto un sugo che ancora ci ricordiamo. Piatti abbondanti, con tanto parmigiano reggiano (sempre quello del Mario, ovviamente). Meno male che c’era il bis … Ricordo le lacrime del Ghidotti quando ha mangiato l'ultimo maccherone. Credo abbia detto che voleva sposarmi …
Il classico dei classici. Capita che un volontario porti da Amatrice un guanciale che dice “mangiami mangiami” assieme ad un pecorino che non aspetta altro che essere grattugiato su degli spaghetti, che un altro abbia della salsa fatta da mammà, che ci sia una cena per una trentina di persone da preparare ed ecco che il primo piatto è già deciso … Tagliare il guanciale a striscioline e farlo soffriggere con un poco di olio evo (guai a chi aggiunge cipolla), sfumare con del vino bianco e aggiungere la salsa di mammà (meglio sarebbero i pelati, diranno i sapientoni), sale e un poco di peperoncino e lasciare cuocere per una decina di minuti. Scolare gli spaghetti e passarli direttamente nella pentola del sugo per mantecarli. Servire con abbondante pecorino. Facile no?
E’ la classica carbonara, ma al posto dell’uovo utilizzate una salsa di peperone giallo. Mettete i peperoni in forno per un’oretta girandoli un po’ di volte e quando cotti pelateli ricavando i filetti di polpa. Frullateli con olio evo e sale. Quindi soffriggete della pancetta tesa tagliata a striscioline (o del guanciale) con olio evo e cipolla rossa (so che qualcuno sta inorridendo), fateci saltare gli spaghetti quindi mantecate con la salsa e abbondante pepe nero. Spolverante con parmigiano e pappateveli.
Qui va reso omaggio alla Maria (e per diritto ereditario a sua figlia Cristina) che da un ammasso di acqua e farina riesce a tirar fuori una poesia. Riporto la ricetta classica (per circa una ventina di gnocchi fritti): 25 grammi di strutto, 200 grammi di farina, 1 cubetto di lievito di birra, acqua tiepida quanto basta, sale, strutto per friggere (oppure olio di oliva). Si scoglie il lievito in poca acqua tiepida e si impasta con la farina, lo strutto e il sale in quantità a piacere. Una volta formato un impasto compatto, si forma un panetto e lo si mette a riposare per 45 minuti sotto un panno di cotone. Si stende quindi la pasta abbastanza sottile e la si taglia a rombi o a quadrati o cerchi, insomma, un po’ come volete.
Questo è un tentativo di copiare una ricetta di un bravissimo cuoco, Aristide De Vita, ora 'emigrato' a Ginevra in un ristorante stellato.
Preparate l’estintore! Sugo calabrese doc, la facciamo come secondo primo in una cena di Natale, una sorpresa extra menu per chi ama le sensazioni forti … Chissà se gradiranno. Soffriggete un bel po’ di cipolla di tropea in olio evo, unite la salsa di pomodoro o i pomodorini freschi e dopo una decina di minuti abbondante ‘nduja (sapete tutti cos’è, vero?), una volta cotto fateci saltare la pasta, preferibilmente fileja calabra (sono quei fusilli freschi di grano duro che fanno arrotolando la pasta su di un filo di ferro, da cui il nome) e ricoprite di pecorino, parmigiano se non lo avete. Se la 'nduja e doc, alla terza forchettata comincerete a piangere e domandarvi perché la state mangiando, cercando disperatamente un estintore … Ma non potrete farne a meno. Per uomini veri. Hanno gradito!
Cena dei volontari 2009, il classico dei classici, per un milanese.
Un po’ complicata e non adatta a grandi quantitativi l’abbiamo preparata per una cena tra volontari. L’originale prevede l’uso di linguine, quindi usate questo tipo di pasta. Preparare il pesto di agrumi frullando con olio evo della polpa di arancia (rigorosamente tarocco), buccia di arancia (solo la parte esterna), capperi dissalati, mandorle, basilico e un pizzico di sale. Fateci saltare le linguine una volta cotte e guarnite poi con delle striscioline di melanzana fritta (la pelle e poca polpa), pinoli tostati e ricotta di modica al forno grattugiata (si, lo so che è difficile da trovare …). Copyright Filippo La Mantia, chef siculo che più siculo non si può.
Cena dei volontari, chef con 38 di febbre speranzoso nell'effetto della tachipirina.
Siamo in vacanza nelle Marche presso l'Agriturismo Ca’ Serrantonio, piove da tre giorni e il morale è un po’ sotto i piedi. Io, Maurizio e Concetta ci guardiamo per capire cosa preparare per cena … Boh! La fantasia scarseggia … Poi vediamo la treccia di cipolle di Tropea appesa al muro e un guanciale che ‘suda’ sul tagliere. Ok, si parte ... Affettiamo le cipolle finemente, il guanciale a striscioline e soffriggiamo il tutto in olio evo. Siamo in 35, ce ne vuole parecchio. Ci buttiamo dentro la pasta al dente (mezze maniche rigate) e inondiamo di parmigiano reggiano del Mario, cioè di quello buono. Tutti hanno gradito, peccato non ci fosse il bis.
Piatto un po' gourmet ma di grande effetto. Lo abbiamo preparato per una cinquantina di amici di Silvia e Sebastiano a Cascina Resta (che bei ricordi ...), era la vigilia di Natale 2012.
Cena di Natale, cucina dell'oratorio San Carlo e 165 persone sedute a tavola … Panico! Che si fa? Chi lo fa? Ci vuole un primo che piaccia a tutti e che tra il primo e l’ultimo piatto che servi non diventi una colla da manifesti. Il gnocchetto sardo è la risposta! Col classico ragù alla campidanese, una ricetta intramontabile (e anche ricordo dell’”Agriturismo Arcobaleno” in Sardegna, per chi c’era in quella vacanza …).
La pasta della vacanza 2015 di Arcobaleno in Toscana, non l’abbiamo cucinata ma mangiata in abbondanza. Per fare il sugo d’ocio (che altro non è che il maschio dell’oca) si procede come per un classico ragù. In una casseruola mettete poco olio evo (l’ocio è già grasso di suo) e fate rosolare gli odori tritati (sedano, carota e cipolla). Si aggiunge la carne d’ocio tritata (se vi piacciono unite anche i fegatini) e sfumate con del vino bianco. Allungate con del brodo e quindi aggiungete pomodoro e concentrato. Salate e cuocete per almeno due ore a fiamma bassa, mescolando di tanto in tanto per non farlo attaccare. Cuocete a parte i pici che poi saltate in padella con il sugo, quindi cospargete con abbondante pecorino toscano o parmigiano di quello buono. Goduriosa!
Cena di halloween a Cascina Resta 2010, la zucca la fa da padrone.
Weekend dei volontari a Castione della Presolana. Casa parrocchiale con sala da pranzo con vista diretta sulle cime innevate, bellissima. La sera si decide per un menù semplice, antipasti vari e piatto unico: risotto con le quaglie! Un classico.
Storia triste quella dello spezzatino alla Marengo. In cucina siamo in tanti perché a pranzo ci saranno più di 160 persone, siamo nella cucina dell’oratorio San Carlo si comincia impartendo i compiti, ognuno ha qualcosa da fare, modello ristorante stellato. Alla pelatura delle cipolle borettane e rosse (15 kg in tutto) ci va il buon Cristian, che si siede sul bancone assieme alla sua Rosy e cominciano a pelare e a piangere. A qualcuno viene in mente che nel baule ha ancora una maschera da sub dimenticata dopo le vacanze al mare, è la salvezza.
La Norma, in onore dei volontari siciliani, spesso preparata nelle nostre cene o vacanze è sempre gradita a tutti. Noi solitamente facciamo una variante, cioè non friggiamo le melanzane ma le tagliamo a tocchetti e le facciamo saltare in padella in abbondante olio evo. Preparare a parte un sugo con pelati, cipolla (meglio di Tropea e meglio se brasata), sale e un poco di zucchero per togliere l’acidità del pomodoro. Una volta cotto unire le melanzane, del basilico fresco e fateci saltare la pasta (maccheroni o penne rigate che tengono bene il sugo), quindi spolverare con abbondante ricotta salata grattugiata (la meglio è quella di Randazzo che ci manda zia Maria Linda dalla Sicilia).
L’abbiamo presa già preparata, speziata e legata da chi sa come farla. Due bei maialini tutti rosa che abbiamo messo in forno ben cosparsi di olio e annaffiati di vino bianco. Lasciati in forno per circa 4 ore a fiamma bassa, avendo cura di bagnarli con il loro condimento parecchie volte per mantenere la cotenna tenera. Sicuramente c’è chi la sa cucinare meglio di noi, ma devo dire che tutti hanno gradito. Ah, dimenticavo, eravamo quasi in 100!